Non è il vino del distributore
Per un’agricoltura contadina libera da monopoli. Per una distribuzione dei prodotti della terra e del cibo diffusa e autogestita.
Nell’ultimo periodo abbiamo raccolto una serie di narrazioni emblematiche, e forse un po’ preoccupanti, intorno al mondo del vino dei piccoli e bravi vignaioli di questo paese.
Dopo un decennio abbondante lo possiamo dire: molto lavoro è stato fatto, molte cose son cambiate in meglio, qualcosa in peggio, ma è innegabile che una bella scossa al mondo del vino e dell’agricoltura è stata data. Molto c’è ancora da fare, molto ancora da imparare, ma abbiamo anche tante esperienze da raccontare. Tante le manifestazioni, le relazioni, le economie, i progetti, tante le riflessioni e le persone che stanno promuovendo e valorizzato i vignaioli e l’agricoltura contadina.
Un nodo in particolare urge però affrontare per dare continuità ad un dei tanti processi di cambiamento che si sono innescati in questi anni.
La DISTRIBUZIONE. La distribuzione che per noi (e non solo) ha un valore strategico, etico, economico e sociale di pari importanza a COME SI PRODUCE.
La distribuzione di un vino ci interessa tanto quanto le sue qualità organolettiche. Per essere ancora più chiari come si distribuisce un prodotto a noi (e non solo) interessa tanto quanta solforosa viene messa in bottiglia, ai lieviti utilizzati, a quanti e quali trattamenti vengono fatti in campagna e a come si lavora in cantina. Non da meno resta sempre il rapporto che si ha con i propri dipendenti (se si hanno) e i loro diritti.
Bisogna affrontare e ri-aprire un ragionamento serio intorno a questo nodo della distribuzione. Facendo tesoro dell’esperienza maturata in questi anni. Partendo dalle riflessioni iniziate proprio più di un decennio fa. Riflessioni, ragionamenti e progettualità maturate proprio dai bisogni dei vignaioli, dalla salvaguardia del lavoro contadino e dal tentativo di trasformare i rapporti di produzione (o almeno di rendere visibili le contraddizioni e i dispositivi mortiferi dei rapporti di produzione attuali e maggiormente diffusi).
In alcuni casi si sono sperimentate (e consolidate) nuove e diverse modalità di distribuzione e di commercio. C’è stato un momento che tanto quanto il pullulare di fiere, visibilità e attenzioni al modo di fare vino, ai lieviti, alla solforosa e alla chimica ci fosse un’attenzione e un pullulare di tentativi progettuali altri di distribuzione.
E allora ribadiamo dei concetti e mettiamoli allo specchio con quanto si sta diffondendo di controproducente per i piccoli vignaioli autentici che fanno un vino di qualità. Abbiamo sempre avuto chiaro dell’importanza delle parti del delicato processo distributivo del vino: chi produce, chi (ri)vende, chi acquista.
Fin dia tempi di Critical Wine, insieme ai compagni e gli amici di molti centri sociali italiani, con Luigi Veronelli e soprattutto con le decine di vignaioli con cui ci si confrontava. L’abbiamo avuto sempre più chiaro in questi anni con La Terra Trema. Oggi riteniamo che sia questione strategica e fondamentale se si vuole immaginare un futuro per i produttori che ci stanno a cuore, un futuro che migliori la qualità dei loro vini, del loro lavoro e della loro vita. Un futuro diverso e migliore anche per noi tutti. Un futuro diverso e migliore per questa t/terra moribonda e violentata.
Per noi acquistare una bottiglia di vino significa acquistare consapevolezza e sapere oltre che la gioia di godere di un vino come poesia. Protagonisti di un’economia diversa. Ridurre la distanza tra produttore e consumatore, eliminare l’antagonismo diffuso nella nostra società tra i due soggetti, per costruire invece sinergie. Coprodurre. Coproduzione.
Obbiettivi del lavoro che facciamo e che abbiamo fatto. In molti casi obbiettivi raggiunti. Diffondendo una cultura e sviluppando esperienze concrete che avessero come fondamento questi principi.
Il vino è prima di tutto del vignaiolo. Quello che c’è nella bottiglia è frutto del suo lavoro, è una parte di se. Il vignaiolo deve essere libero di vendere il suo vino, ad un prezzo giusto, a chi vuole.
Il consumatore, il coproduttore, lo spazio sociale, l’enoteca e il ristorante devono aver la possibilità di acquistare direttamente il vino dal produttore. Lavoriamo perché questo avvenga in modo sempre più diffuso.
Non può esserci nessun monopolio (oltre all’accisa discutibile che esercita lo stato). Non può esserci nessuna esclusiva.
Ultimamente ci è stato raccontato di vignaioli in ostaggio del distributore, dei distributori. Storie preoccupanti per il futuro delle aziende di questi vignaioli, del processo di cambiamento e della gioia del vino dei vignaioli. Vignaioli che non possono vendere le proprie bottiglie di vino perché l’esclusiva è nelle mani del distributore. Durante le fiere, contattati telefonicamente, via mail o addirittura in cantina. ”Sei di Milano? Vuoi il mio vino? Io non posso vendertelo, contatta il mio distributore su Milano. Ecco il biglietto da visita del mio distributore”. Pazzesco! Pazzesco tanto quanto usare dosi massicce di solforosa, lieviti e additivi in cantina e la chimica abbondante in campagna!!
Sia chiaro. Sappiamo bene quali sono i motivi che hanno portato i vignaioli a intraprendere queste strade. Ma siamo convinti che siano strade pericolose e controproducenti per tutti. Questo non è un problema solo nostro. Ma è un problema di libertà di tutti. Per primo del vignaiolo anche se è convinto di valorizzare il proprio prodotto e di ottenere più profitto. Il suo vino non è più suo, ma è del distributore. E’ un problema che produrrà dispositivi simili a quelli della Grande Distribuzione Organizzata. Un problema su cui vale la pena aprire discussione e un problema da superare. Diversamente a nostro avviso se questo dispositivo distributivo prenderà piede torneremo indietro di 10 anni e molti piccoli vignaioli autentici passeranno dall’illusione del successo al rischio di non farcela più.
Noi continueremo a supportare dei rapporti liberi e non monoplistici.
Per una distribuzione dei prodotti della terra e del cibo diffusa e autogestita.
La Terra Trema
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