Ieri, era il 27 maggio 2014, siamo stati ad un convegno all’Università degli Studi di Milano – Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari.
In questa occasione abbiamo sentito i docenti (Lucio Brancadoro, ricercatore e docente di viticoltura e Failla Osvaldo, docente di arboricoltura generale e coltivazioni arboree) affermare cose paurose.
Non ci hanno stupito, non ci hanno colto di sorpresa, qualcuno fra noi ha frequentato quel corso di laurea e, comunque, abbiamo ben chiari i parametri, conosciamo bene tecnocrazia, le posizioni conservatrici, la riproduzione passiva della cultura dominante, degli interessi di grossi gruppi economici e di potere che animano le università italiane. Ma un sussulto ci ha scosso ugualmente, forse per la mole di cose sciorinata a raffica da questi professori, per il carico pesante di menzogne ideologiche camuffate da pareri illustri della conoscenza scientifica:
• Il Tavernello è una risorsa importante per l’Italia e per l’enologia e viticoltura Italiana. Un prodotto che soddisfa i bisogni degli operai metalmeccanici, che fa lavorare e arricchire un sacco di agricoltori.
• Il DDT in Italia ha sconfitto la malaria.
• L’uso dei prodotti di sintesi in agricoltura ha fatto dei terreni italiani tra i più fertili al mondo e non ci sono correlazioni tra l’uso massiccio di prodotti chimici e l’incremento di malattie, tumori e inquinamento.
• La morìa di api che sta mettendo a rischio l’agricoltura e il pianeta non è imputabile/correlabile all’utilizzo di insetticidi/fitofarmaci che contengono neonicotinoidi.
• L’utilizzo della meccanizzazione è dovuta al fatto che nessuno vuole lavorare in agricoltura.
Non c’è molto altro da aggiungere. Se questa è l’università, se questa è l’agricoltura che l’università vuole costruire, tutto quanto è vergognoso. Tutto è da rifare. Anche molto in fretta.
E viene solo da chiedersi a chi serve questa università, nei confronti di chi si dimostra servile e piegata.
Senza voler perdere tempo nel ragionamento su questa istituzione e su questi professoroni, quanto sentito ieri andava condiviso.
Con questa consapevolezza continuieremo a studiare e a lavorare con le forze sociali, con i contadini, i vignaioli ben lontani da questi meccanismi.
Sviluppando un’altra agricoltura, un altro modello di sviluppo acquisendo strumenti di intervento attraverso l’autogestione e l’autorganizzazione.
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